FREGIO TRASMISSIONI

mercoledì 18 febbraio 2009
L'Arma delle Trasmissioni nasce come specialità nell'Arma del Genio.

Lo sviluppo dei primi reparti del "Genio Telegrafisti", segue lo sviluppo della tecnologia nel corso del tempo. Si passerà gradatamente poi alle radio fino agli apparati satellitari dei nostri giorni.
Il fregio delle Trasmissioni notifica la nascita dal Genio per la presenza delle asce incrociate, in origine lo stemma ha le scariche elettriche e un’antenna radio circolare a sei braccia, posta sotto la bomba fiammeggiante.

Gli Alpini hanno ricevuto il fregio composto da un' aquila ad ali spiegate rivolta a sinistra
e che poggia su di una cornetta sotto la quale si incrociano due fucili.
Aquila e cornetta, sono nei fregi di tutte le Armi e Corpi che costituiscono le truppe alpine.

L'AQUILA DEGLI ALPINI

domenica 20 settembre 2009
Da sempre l'aquila è uno dei simboli che ci rappresenta.
Raffigurata sul cappello e sui loghi alpini è simbolo di forza e coraggio.
Un particolare suggestivo narrato dalla tradizione classica ci dice che l’aquila era l’unico animale che poteva fissare il sole senza abbassare gli occhi.
L'Aquila è sempre stata nella iconografia latina un animale divino descritta anche come: "fedele interprete dei voleri del Padre Giove".
Era quindi considerato un animale sacro e superiore per forza.

All'arrivo di Caio Mario vennero riformate le legioni dell'esercito introducendo una speciale insegna con in cima un'aquila.
Veniva detto: "un’aquila per legione e nessuna legione senz’aquila".
L’insegna era costituita dall’aquila con le ali spiegate e con una folgore fra gli artigli.
Da quel momento in poi questo volatile è diventato simbolo comunemente del potere militare,
Infatti era sempre presente sugli elmi o le corazze dei generali e dei più alti ufficiali.

Con l’avere un valore semplicemente araldico e il suo significato simbolico e morale fu quasi dimenticato.
Imponente rapace con potenti unghie falcate e vista acuta…
Poteva essere dimenticato?
No! Gli alpini non lo dimenticarono e decisero di erigerlo a proprio simbolo!

Gli alpini arrivano a piedi là dove giunge soltanto la fede alata !!!

PREGHIERA DELL'ALPINO

sabato 7 gennaio 2012
Dal sito www.anavicenza.it


LA PREGHIERA DELL'ALPINO
Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi
ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade,
noi, purificati dal dovere pericolosamente compiuto,
eleviamo l'animo a Te, o Signore,
che proteggi le nostre mamme, le nostre spose,
i nostri figli e fratelli lontani
e ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi.

Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi,
armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta,
dall'impeto della valanga.
Fa che il nostro piede posi sicuro su le creste vertiginose,
su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi.
Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria,
la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana.


E Tu, Madre di Dio, candida più della neve,
tu che hai conosciuto e raccolto ogni sofferenza ed ogni sacrificio di tutti gli alpini caduti,
tu che conosci e raccogli ogni anelito ed ogni speranza di tutti gli alpini vivi ed in armi.
Tu benedici e sorridi ai nostri battaglioni ed ai nostri gruppi.

Così sia.



La storia della Preghiera dell'Alpino

Riteniamo cosa utile informare i nostri lettori sulla genesi della Preghiera dell’alpino, oggi al centro di un positivo dibattito che ha preso le mosse da una lettera di don Valentino Quinz, già cappellano del 6° Alpini, apparsa nel numero di settembre 2005 nella rubrica “Lettere al direttore”.
L’articolo è un libero adattamento del pezzo comparso in “Genova alpina” nel numero di maggio-agosto 2005: ripreso da un precedente articolo apparso su "La più bela fameja" della sezione di Pordenone a fine 2004
1935. In essa compare una sua preghiera elaborata per gli alpini dell’Edolo, battaglione da lui comandato, nella quale numerose sono le frasi poi diventate patrimonio di tutti gli alpini in armi e in congedo.
• Nel 1943 tale preghiera, quasi nella forma attuale, circolava tra gli alpini del battaglione Val d'Adige, per l'interessamento del cappellano, padre Enrico Bianchini. Il testo, datato 1° settembre 1943 è conservato presso il Centro Studi ANA (segnalazione in data 4 luglio 2006 del col. alpino ris. Gioacchino Gambetta della sezione di Tirano).
11 ottobre 1949: don Pietro Solero, grande figura di sacerdote, di alpino e di alpinista, cappellano del 4° alpini, in un incontro con l’ordinario militare, mons. Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone, propone di “Ritoccare e di rimodernare la preghiera e di concedere la facoltà di recitarla dopo la Messa in luogo della Preghiera del Soldato”.
21 ottobre 1949: mons. Ferrero approva e il vicario generale, mons. Giuseppe Trossi comunica il nuovo testo della preghiera a tutti i comandanti alpini. Essa è quella nota a tutti noi e tuttora recitata dagli alpini in congedo iscritti all’ANA.
1972: mons. Pietro Parisio, cappellano capo del 4° Corpo d’Armata alpino, chiede e ottiene dall’ordinario militare, mons. Mario Schierano, di sostituire alcune frasi ritenute non più consone al momento che l’Italia sta vivendo. Perciò il “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana...” diventa “Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera”.
15 dicembre 1985: il testo così modificato è definitivamente approvato per cui la nuova Preghiera dell’alpino diventa ufficiale.
Metà anni ’90: il presidente Caprioli chiede e ottiene dal CDN che la preghiera sia recitata, nella forma originale del 1949 quando le cerimonie sono celebrate in presenza di soli iscritti all’ANA e nel testo modificato nel 1985 in presenza di reparti alpini alle armi che non possono evidentemente contravvenire a ordini.
6 settembre 2007: l’Arcivescovo Ordinario Militare, Mons. Vincenzo Pelvi, ha reinserito, nel testo della preghiera modificata nel 1985 (quella, per intenderci, recitata dagli alpini in servizio) il riferimento alla “nostra millenaria civiltà cristiana”. Per gli alpini in servizio, dunque, il ““Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera” diventa “Rendici forti a difesa della nostra Patria, della nostra Bandiera, della nostra millenaria civiltà cristiana”.
Preghiera_dell'alpino.pdf

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Date: 17/07/2015 04:27:54

San Maurizio

domenica 22 settembre 2013
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera




Scultura barocca del XVIII secolo di San Maurizio nella Colonna della Santissima Trinità di Olomouc, a quei tempi una città dell'Impero Austriaco, oggi in Repubblica Ceca.
San Maurizio è considerato il patrono degli Alpini e la sua festività ricorre il 22 settembre.

Maurizio viene raffigurato tradizionalmente nella sua armatura ed in Italia si aggiunge una croce rossa sul suo scudo o armatura. Nella cultura popolare è stato messo in rapporto con la leggenda della Lancia del Destino, che avrebbe portato in battaglia; il suo nome è inciso sulla Lancia Sacra di Vienna, una delle reliquie che si sostiene sia la lancia che ferì il costato di Gesù sulla croce. San Maurizio dà il suo nome alla località di vacanza di montagna St. Moritz, così come a numerosi luoghi chiamati Saint-Maurice nei paesi di lingua francese. Oltre 650 istituti religiosi dedicati a San Maurizio sono presenti in Francia e in altri Paesi europei. Soltanto in Svizzera ci sono 7 chiese o altari nel Canton Argovia, 6 nel Cantone di Lucerna, 4 nel Canton Soletta, e 1 nel Cantone Appenzello Interno. In particolare, tra esse sono degne di nota: la chiesa e l'abbazia di San Maurizio d'Agauno, la chiesa di St. Moritz nell'Engadina e la cappella dell'Abbazia di Einsiedeln. Molti ordini religiosi cavallereschi sono stati costituiti in suo onore, incluso l'Ordine del Toson d'Oro e l'Ordine di San Maurizio. Inoltre, cinquantadue toponimi francesi includono il suo nome.

Maurizio è anche il santo patrono di una chiesa e parrocchia cattolica di New Orleans (Stati Uniti). La chiesa fu costruita nel 1856, era quindi una delle più antiche chiese della zona. La struttura fu danneggiata dall'Uragano Katrina il 29 agosto del 2005: il campanile si staccò facendo entrare un metro e mezzo d'acqua nella chiesa e la statua di san Maurizio fu trafugata da sciacalli dopo il passaggio dell'uragano.

ADUNATA A VICENZA - 1991

sabato 7 gennaio 2012
Dal sito www.anavicenza.it




Un sogno vagheggiato da anni e da tutti!
Non se ne parlava troppo spesso perché c'era forse la paura di rompere l'incanto creatosi nell'illusione che la cosa fosse vera.
Partecipando alle varie Adunate nazionali, nelle diverse città, confrontavamo non l'apparato organizzativo, perché non c'era alcun dubbio sulla capacità dei nostri Alpini di essere preparati a svolgerlo, ma la larghezza delle strade, l'andamento del tracciato della sfilata.

E grande era la perplessità nel constatare che in tutte le altre città vi erano viali e strade centrali molto più adatte ad ospitare una cosi imponente manifestazione, di quanto non potesse offrirne per contro la nostra città.

Dopo l'Adunata di Torino, si cominciò a parlare apertamente di una Adunata nazionale a Vicenza e subito si pensò al tracciato per la sfilata: anzi ai vari ipotetici tracciati.

La pronta adesione fornita dalle Zone, la sicurezza nell'aiuto e collaborazione di tutti i Gruppi e la preventiva disponibilità dell'Amministrazione Comunale, persuasero il Consiglio Direttivo della Sezione a proporre, a Milano, la candidatura della Sezione di Vicenza quale sede di una Adunata nazionale.

Il presidente Dalla Vecchia formulò la richiesta trovando inizialmente solo tiepidi sostegni in seno al Consiglio Nazionale. Col passare del tempo però l'idea di un'Adunata a Vicenza si fece strada anche a Milano tanto che, nel caso in cui Pescara non fosse stata in grado di accogliere l'Adunata del 1989, Vicenza sarebbe stata la prima candidata.
Pescara invece organizzò una magnifica Adunata e quella successiva già programmata per Verona ormai "ripetente", rinviava le speranze per Vicenza. L'Adunata in due città cosi vicine non si era mai svolta un anno dopo l'altro.
La caparbietà dei Dirigenti della Sezione fu tale che proposero lo steso Vicenza dopo l'Adunata di Verona e, malgrado il parere contrario di qualche consigliere nazionale, la nostra città fu scelta definitivamente per l'adunata del 1991.

Ancora prima dell'Adunata di Verona, il nostro Consiglio Direttivo aveva gia messo allo studio tutto il piano organizzativo. Alla fine dell'anno tutti i problemi erano stati affrontati e risolti: bastava passare alla fase esecutiva.
La macchina della organizzazione non si è più fermata.
All'organizzazione hanno aderito con entusiasmo Enti pubblici banche, associazioni di categoria e perché no, privati cittadini consci tutti che questa terra "casa di Alpini" doveva riservare calda ed ospitale accoglienza alle centinaia di migliaia di Alpini provenienti non solo dall'Italia ma da tutto il mondo.
La collaborazione di tutti portò alla soluzione dei complessi problemi che inevitabilmente si creavano con l'affluenza di un numero così massiccio di partecipanti.

La ricettività alberghiera, il traffico, parcheggi, nonché tutti gli altri, piccoli e grandi, problemi di inserimento immediato in una struttura che è pur sempre di città di modeste dimensioni, quali bar, servizi igienici, segnaletica, ecc., furono risolti in maniera ampiamente soddisfacente.



L'Adunata ebbe inizio praticamente il lunedì 6 maggio 1991. Prima con l'inaugurazione della Mostra Alpina in Basilica Palladiana e poi della Mostra di Pittura dell'alpino Pietro Gauli - reduce di Russia - nella galleria civica della chiesa di San Giacomo.

La Mostra Alpina in Basilica, che ancor oggi cittadini, scolaresche ed amatori ricordano, ha avuto risonanza veramente eccezionale. A parte la localizzazione, che di per sé esprime tutto, I'esposizione della storia delle Truppe Alpine, sia con materiale fotografico sia con divise dell'epoca su manichini, è stata allestita seguendo la cronologia degli avvenimenti che hanno interessato le nostre truppe da montagna. Dall'Africa con le gesta della prima medaglia d'oro alpina concessa al capitano Umberto Masotto di Noventa Vicentina, alla Russia ove gli alpini si resero leggendari per il loro spirito di sacrificio, la rassegna ha esposto quasi dettagliatamente i fatti che hanno contrassegnato la lunga storia degli Alpini. Accanto ad una postazione, ricostruita così come la si poteva trovare sul Pasubio o sull'Altipiano dei Sette Comuni, era esposta, nella sua più completa organizzazione, una stazione meteorologica del IV Corpo d'Armata Alpino.
Meraviglioso l'aiuto fornitoci da questa grande Unità di truppe da montagna ed in particolare dal suo Comandante Gen. C.A. Giuseppe Rizzo.
D'altronde non occorre sottolineare che il Corpo d'Armate Alpino rappresenta la matrice alla quale ci sentiamo sempre intimamente legati.

Al mercoledì, incontro con i rappresentanti della stampa, locale e nazionale, per la presentazione degli scopi e del programma dell'Adunata. All'incontro, come all'inaugurazione della Mostra e a tutte le cerimonie successive, ha partecipato, oltre al nostro Presidente, il Presidente Nazionale dr. Leonardo Caprioli. L'incontro con gli studenti di alcune scuole superiori, si è rivelato molto interessante ed opportuno non tanto per far conoscere gli Alpini, visto che da queste parti non solo sono conosciuti ma sono di casa (difficilmente si trova una famiglia ove non ci sia un Alpino), ma per constatare il loro affetto e sentire la loro solidarietà verso i soldati della montagna.

Venerdì 10 maggio, giornata di intensa vigilia alla Grande Adunata nazionale.
Il cielo plumbeo sembrava rasserenarsi; invece, pioggia e vento.
Arriva la bandiera di guerra del "Feltre". La Piazza dei Signori è gremita malgrado il brutto tempo. Lo sfilamento sotto la pioggia dei reparti del "Feltre" ci riporta a scene consuete della vita militare.

Anche la successiva presentazione della squadra della Protezione Civile di Vicenza avviene sotto la pioggia e, sia pur con qualche inconveniente dovuto proprio al tempo avverso lo svolgimento della manifestazione trova la partecipazione della cittadinanza e degli Alpini.

Gli Alpini, infatti, già dal lunedì, avevano cominciato ad arrivare in città e, come un fiume in piena, aumentavano nel numero, via via che si avvicinava il giorno dell'Adunata. Sabato 11 maggio, grande giornata di vigilia. Fra qualche schiarita, avviene la deposizione delle corone in Piazza dei Signori e alla Loggia del Capitaniato.
La presenza degli Alpini e della cittadinanza è massiccia. Commovente è l'incontro che ha luogo nella sala convegni della Banca Popolare Vicentina con i rappresentanti delle Sezioni A.N.A. all'estero.

Alpini che per necessità sono lontani dalla Patria sentono che il modo migliore per conservare il calore della loro terra di origine, è quello di riunirsi in una grande famiglia.

La grande famiglia Alpina, cosi organizzata in Francia, in Germania, nei paesi Nordici, nelle Americhe, in Australia e in altri paesi del mondo, riunisce gli Alpini anche per lenire la sofferenza del distacco dalla madre patria, dalle famiglie di origine e dagli amici.

Nel pomeriggio dello stesso giorno col lancio dei paracadutisti sul Piazzale della Vittoria e l'arrivo delle staffette dai Sacrari del Pasubio, del Cimone, di Asiago e del Grappa avviene la deposizione delle Corone di alloro alle lapidi di Monte Berico. I "veci" del Consiglio Nazionale e i "boce" del "Feltre" col generale Rizzo sono impeccabili nel coronare questa parte della "vigilia".

Commovente, poi, la messa in Cattedrale in memoria di tutti gli Alpini Caduti concelebrata dall'ordinario militare mons. Marra e dal Vescovo di Vicenza mons. Nonis. Commovente perché gli Alpini ed i cittadini che gremivano la Cattedrale non erano solo presenti fisicamente ma si sentivano vicini, quasi in simbiosi, a tutte le "penne mozze" che da lassù, dal Paradiso di Cantore, presenziavano al Sacro Rito.
Don Brevi, Cappellano in Russia, medaglia d'oro, che il Vescovo ha voluto al suo fianco, era il simbolo della dignità e della sofferenza. L'intensa commozione era trasmessa anche dal Coro dei "Crodaioli" che, diretto dal M° Bepi De Marzi, con le sue perfette esecuzioni, suscitava sentimenti che esaltavano la particolarità del momento.

In serata, lo Stadio Comunale ed il Palazzetto dello Sport hanno accolto Fanfare e Cori Alpini. L'indescrivibile marea di alpini ha creato l'atmosfera festosa delle grandi occasioni; ma la vera grande occasione si è avuta il giorno successivo: domenica 12 maggio 1991. Giornata indimenticabile; per gli Alpini e per i Vicentini.

Già alle prime luci dell'alba la città riempiva ulteriormente di Alpini.
Una marea "di boce e di veci", un mescolio di dialetti in un'impressionante babele che però non è mai sfuggita all'ordine ed alla compostezza.



La folla, altrettanto ordinata già molto prima dell'inizio della sfilata si accalcava lungo il percorso. Le tribune di Viale Roma si riempivano di autorità civili e militari e dei Sindaci dei Comuni della Provincia, di invitati e familiari di Caduti e decorati.

In testa allo sfilamento scortata dai Sindaco dr Variati la Bandiera del Comune di Vicenza decorata di M O. al valor militare quindi il Gonfalone della Provincia, il Labaro nazionale scortato dal Presidente dr Caprioli e quindi la bandiera del "Feltre" con le compagnie degli sciatori e rocciatori, gli Ufficiali Superiori Alpini. Seguono i vessilli delle Sezioni istriane e dalmate e quindi quelle delle Sezioni all'estero arrivate da tutti i continenti e poi la "marea verde".

Impressionante lo scenario specie lungo viale Roma: per ore e ore è un ininterrotto sfilare di Alpini. Quanti eravamo? Cento, duecento, trecentomila o forse più.

Sfilano con fanfare, con striscioni, con simboli dei sacrifici e delle tribolazioni, come gli Alpini del Belgio nel ricordo dei minatori emigrati in quel paese e morti a Marcinelle.

Striscioni identificano le Sezioni, altri ricordano il passato, gli Alpini Caduti su tutti i fronti ed esprimono anche il presente ed il futuro: «Le montagne non hanno frontiere», «passano le cinture di sicurezza d'ltalia»,
«Penne nere ali di pace», «Non rivendichiamo onori ma senso del dovere», «Pace più ecologia uguale vita».

Tanti e tanti striscioni nella speranza che le Autorità possano capire che è ora di cambiare e che per cambiare possono contare sull'appoggio degli Alpini. «Meglio mangiar gatti che ingoiare rospi» è il suggerimento che il Presidente Cossiga sembra avere particolarmente apprezzato.

La «marea verde in un mare di tricolore» è stata definita la nostra Adunata ed il tricolore è apparso anche in cielo con il passaggio sfrecciante della Pattuglia Acrobatica Nazionale al momento dell'arrivo del Presidente della Repubblica. Davanti a lui sono sfilati giovani col passo fermo e uomini maturi ed anziani che, prima delle tribune, si davano una regolata al passo ed al portamento per essere bene "allineati e coperti", come nei bei tempi del servizio militare.

La «marea verde in un mare di tricolore» è stata definita la nostra Adunata ed il tricolore è apparso anche in cielo con il passaggio sfrecciante della Pattuglia Acrobatica Nazionale al momento dell'arrivo del Presidente della Repubblica. Davanti a lui sono sfilati giovani col passo fermo e uomini maturi ed anziani che, prima delle tribune, si davano una regolata al passo ed al portamento per essere bene "allineati e coperti", come nei bei tempi del servizio militare.

In chiusura, con gli applausi del Presidente e delle Antorità, dopo ben otto ore di sfilamento, passano gli Alpini della nostra Sezione e l'entusiasmo della folla sale alle stelle sia perché travolta dall'emozione che traspare dai volti rigati dalle lacrime, sia perché sa che deve agli Alpini questo momento magico.

Nel cuore della gente rinasce la fede e la speranza nella Patria che non vuol dire nazionalismo, ma amicizia, fraternità e solidarietà come la intendono e lo dimostrano quotidianamente gli Alpini d'Italia.

Ci è stato ripetuto che abbiamo dato una "lezione di civiltà".

I messaggi di benvenuto:
Dal Presidente Nazionale
Nardo Caprioli
" Non ritengo che Vicenza avesse bisogno di una Adunata Nazionale per dimostrare che, con le altre 4 Sezioni della sua provincia, rappresenta un decimo degli iscritti alla nostra Associazione; però la meritava, ampiamente, sia per il passato glorioso dei suoi sette Battaglioni Alpini e del suo Gruppo di Artiglieria da Montagna, sia per la presenza dei suoi Alpini sempre e dovunque ci sia stato il bisogno di "dare una mano".
Per questo sono particolarmente felice che, proprio nel corso della mia Presidenza, a Vicenza sia toccato l'onere ma anche l'alto onore di ospitare le penne nere di tutta Italia.
Più ci si avvicina alla data prefissata e più prende consistenza la certezza di una organizzazione curata ed efficiente e scompare l'ombra di qualche timore iniziale, che genera una considerazione che anch'io spesso faccio a me stesso: "Gli Alpini meritano tanto e temo di non riuscire a dare loro quanto giustamente dovuto".
Carissimo Dalla Vecchia e carissimi amici di Vicenza: Vi conosco da anni e sono perciò più che tranquillo.
Inoltre posso assicurarvi che tutti gli Alpini sono pronti a ricambiare, con tanto tantissimo affetto, tutto l'entusiasmo e tutto il calore che da mesi ci state preparando. Per questo e con largo anticipo, a nome di tutti, ricambio a Voi il fratello abbraccio con il quale ci accoglierete.
E se a qualcuno dovesse "scappare di dire" Viva gli Alpini e Viva l'Italia non ci pensi due volte: lo gridi con tutto il suo entusiasmo aggiungendoci anche un "Viva Vicenza Alpina!!".

Dal Presidente della Provincia
Delio Giacometti
" La Provincia di Vicenza è onorata di ricevere le Penne Nere di tutta Italia.
Questa terra cosí "alpina", per le montagne che caratterizzano gran parte della sua geografia, per i tanti figli donati alla Patria da questo glorioso corpo militare, per i valori morali, comunitari, ideali e sociali così simili a quelli da sempre esaltati e riaffermati dagli Alpini sotto le armi e nella vita civile, sente con particolare fervore questo avvenimento così importante, che entrerà nella storia della nostra gente.
Siamo fieri ed orgogliosi degli Alpini, li guardiamo con affetto, perché essi rappresentano tutto ciò che si identifica nel concetto di Patria, come solidarietà di popolo nella salvaguardia dei valori più edificanti dell'uomo e della società.
Siamo vicini con tanto affetto ai "veci" e ai "bocia" che sfilano per le strade della nostra Città per riconfermare la grande attualità di questi ideali che essi interpretano e che resistono al tempo, alle vicende e agli stessi mutamenti, spesso frenetici e dirompenti che la società stessa, con le sue certezze ma anche con le sue difficoltà, impone.
L'Amministrazione provinciale di Vicenza, come ente che rappresenta tutta la comunità provinciale, si inchina commossa nel ricordo e nell'omaggio dinanzi a tutti gli Alpini che già popolano la casa del Padre, e saluta con entusiasmo gli Alpini di oggi e di ieri, tutti accomunati da una simbolica divisa di fratellanza e di amore.
Agli Alpini venuti a Vicenza per questa Adunata nazionale, diciamo grazie, riconoscenti, per aver voluto scegliere la nostra terra come sede dei loro importante incontro annuale, e per questa testimonianza di fedeltà all'esercizio dei diritti e dei doveri sui quali si fonda un paese civile, nel rispetto degli ordinamenti, dei principi etici, nel nome della pace, contro tutte le prevaricazioni.
Benvenuti, Alpini d'Italia! "

Dal Presidente della Sezione di Vicenza
Giovanni Dalla Vecchia
" Alpini, il sogno cullato per tanti anni è divenuto realtà.
Nei giorni 11 e 12 maggio 1991 ospiteremo a Vicenza la 64ª Adunata Nazionale.

Un onore che ci riempie d'orgoglio e che rende omaggio alle migliaia di figli di questa terra che nel corso di tanti anni hanno espresso le loro autentiche virtù civili e militari tenendo fede alla tradizione che vuole l'alpino esempio e simbolo di serietà, laboriosità, senso del dovere e generosità.
Siamo consapevoli delle responsabilità che ci siamo assunti nel raffigurare la terra vicentina ricca d'arte, d'industria e commerci, ma soprattutto di tradizioni alpine.
Sostenuti dalla più aperta adesione delle Autorità civili, militari e religiose e dalla disponibilità e dall'appoggio di Enti, Associazioni ed Imprese pubbliche e private, sapremo offrire agli ospiti il meglio di noi stessi.
Dai Sacrari ove riposano i Caduti della Grande Guerra sorti sulle montagne che videro le gesta gloriose dei nostri padri, con la brezza ristoratrice scende riconoscente una voce sommessa che si unisce al "benvenuto" di noi figli e nipoti, fedeli portatori dello spirito degli Eroi del Pasubio, del Cimone, dell'Ortigara e del Monte Grappa.
La nostra Provincia con le sue cinque Sezioni di Asiago, Bassano, Marostica, Valdagno e Vicenza , forti complessivamente di 34.000 iscritti, costituisce un'importante componente dell'Associazione Nazionale.
Ne andiamo fieri non solo per ciò che rappresentiamo ma perché la popolazione riconosce nei suoi alpini la parte più generosa ed affidabile del suo fecondo e molteplice tessuto sociale.
In tutte le manifestazioni che ci vedono sempre ed ovunque in prima fila, la presenza alpina è diventata insostituibile e simpatica consuetudine; per questo la gente ci stima, ci ama ed ha fiducia in noi.
Voi tutti, Alpini d'Italia, arrivando a Vicenza attestate questo nostro inconfondibile modello di comportamento e di vita e Vicenza Vi ospiterà e Vi applaudirà con tanto entusiasmo perché tutti insieme vogliamo costruire una società più vivibile fondata sull'onestà, sulla fraternità, sulla libertà.

Il motto della manifestazione sarà: ADUNATA DELLA PACE.

Ringraziamo la Presidenza ed il Consiglio Nazionale per l'onore che ci è stato concesso ed a Voi tutti il più fraterno abbraccio.
Al ritorno, mi auguro, porterete con voi il ricordo di una grande Adunata.
Anche se la città che Vi ospita non ha grandi dimensioni, ricorderete il suo cuore grande ed il suo grande affetto."

Dal Sindaco di Vicenza
Achille Variati
" Stavolta tocca a Vicenza.
E' arrivato finalmente il momento di questo incontro, atteso, preparato, e adesso la nostra città è pronta a raccogliere la "pacifica invasione" di migliaia di penne nere provenienti da tutta Italia per la 64ª Adunata Nazionale degli Alpini.
Da due anni la Sezione Alpini di Vicenza, l'amministrazione Comunale, Enti ed Associazioni e la città tutta, consapevoli della fatica di un'organizzazione così imponente, hanno dedicato tempo e forze per preparare la grande manifestazione.
Certamente la gente vicentina saprà rispondere con entusiasmo e con amicizia alla festosa invasione delle penne nere.
La città e la provincia di Vicenza hanno una lunga tradizione alpina.
Le montagne vicentine sono state teatro, durante il primo conflitto mondiale, della tenace resistenza italiana alle truppe austro-ungariche, del sacrificio di migliaia di soldati caduti per la libertà e per la pace dei nostro Paese.
Ci piace anche notare come le Adunate Nazionali degli Alpini svoltesi nella nostra provincia siano coincise con la fine di eventi bellici: la prima nel 1920 sull'Ortigara, la seconda all'indomani della seconda guerra mondiale; e quest'anno la manifestazione giunge dopo il conflitto del Golfo.
Questa fortunata coincidenza ben si addice al "messaggio" che l'Associazione Alpini vuole dare, dedicando questa Adunata 1991 alla pace.
A questo appuntamento di festa e di pacifica convivenza tra popoli non mancherà la partecipazione della cittadinanza vicentina, che è pronta ad accogliere gli Alpini provenienti da tutta la penisola e dall'estero con la consueta ospitalità e con la voglia di far riuscire al meglio la manifestazione.
Sono convinto che gli alpini sapranno apprezzare la città del Palladio anche dal punto di vista artistico.
Vicenza città d'arte è infatti una città tutta da scoprire, con i suoi scorci, con i suoi palazzi e i suoi monumenti ben conservati, e sa offrire suggestioni inattese.
Un auspicio è naturalmente che, soddisfatti da questo incontro con Vicenza, gli Alpini tornino da "turisti", con le loro famiglie, a far visita a questa nostra terra così ricca d'arte e di storia.
Un saluto caloroso allora a tutti i soci e a tutti coloro che hanno militato nel glorioso corpo degli Alpini, offrendo alla nazione un contributo di eroismo e di valori civili. "

IL VESSILLO DI VICENZA

sabato 7 gennaio 2012


Dal sito www.anavicenza.it

Il vessillo della Sezione si fregia:

- di quattro medaglie d'oro al valor militare;
- di una medaglia d'oro di benemerenza civica;
- di due medaglie al merito civile.

Altre dodici medaglie d'oro al valor militare interessano la Sezione


in quanto conferite a combattenti che, pur non essendo nati in provincia di Vicenza, hanno militato in reparti alpini "di casa" ed in particolar modo nel Battaglione "Vicenza".

Campagna 1916
- Cesare Battisti: tenente di complemento degli alpini, nato a Trento il 4 febbraio 1875, 6° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916.
- Fabio Filzi: sottotenente di complemento degli alpini, nato a Pisino d'Istria il 20 novembre 1884, 6° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916.

Campagna di Grecia 1940-41
- Francesco Confalonieri: maggiore in s.p.e. degli alpini, nato a Milano nel 1886, comandante il battaglione"Vicenza" del 9° reggimento alpini. Epiro - Pindo - Monte Chiarista, fronte greco, 28 ottobre-30 dicembre 1940.
- Giuseppe De Martini: tenente in s.p.e. degli alpini, nato a Sassari nel 1912, 9° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Mali Scindeli, fronte greco, 28 ottobre 1940 - 8 marzo 1941.
- Silvio Di Giacomo: sergente maggiore degli alpini, nato ad Acciano L'Aquila, nel 1915, 9° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Kristobasile, fronte greco, 11 novembre 1940.
- Severino Lesa: caporale degli alpini, nato a Torreano (UD) nel 1911, 9° reggimento alpini, battaglione "Val Leogra". Guri i topit, fronte greco, 11-12 febbraio 1941.

Campagna di Russia 1942-43
- Carlo Luigi Calbo: tenente colonnello, comandante il Gruppo "Vicenza" del 2° Artiglieria Montagna. Medio Don (Russia) 17-26 gennaio 1943.
- Federico Colinelli: sottotenente di complemento degli alpini, nato a Torino nel 1914, 9° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Fronte russo, ovest di quota 205, 6-24 dic. 1942; quadrivio di Seleni Jar, 30 dic. 1942.
- Vittorio Heusch: sottotenente di complemento degli alpini, nato a Livorno nel 1917, 9° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Fronte russo, quadrivio di Seleni Jar, 30 dic. 1942.
- Ciro Menotti: sottotenente di complemento degli alpini, nato a Roma nel 1919, 9° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Fronte russo, ovest di quota 205, 6-24 dic. 1942.
- Ugo Piccinini: sottotenente in s.p.e. degli alpini, nato a Barisciano (L'Aquila) nel 1920, 9° reggimento alpini, battaglione "Vicenza". Fronte russo, quadrivio di Seleni Jar, 30 dic. 1942.
- Libero Vinco: capitano comandante la 45ª batteria del Gruppo "Vicenza" del 2° Artiglieria Montagna. Nowa Stefanowka (fronte russo) 20 gennaio 1943.

Quattro sono le medaglie d'oro al valor militare che fregiano il nostro vessillo sezionale:

Umberto Masotto, capitano d'Artiglieria da Montagna
Comandante della 4ª Batteria da Montagna, si distinse durante tutto il combattimento nel dirigere con intelligenza ed efficacia singolari il fuoco della propria Batteria. Sereno ed imperterrito, sacrificò eroicamente la propria vita e quella dei suoi per rimanere sino all'ultimo in Batteria a protezione delle altre Truppe.
Adua, 1° marzo 1896.

Antonio Giuriolo, capitano degli Alpini- partigiano
Tra i primi ad impugnare le armi contro i nazi-fascisti con i pochi partigiani della montagna e, successivamente, organizzando vari reparti combattenti partecipava ad epiche azioni di guerriglia e sabotaggio, distinguendosi per indomito valore e competenza. Nominato comandante di distaccamento e poi di brigata partigiana, guidava il reparto in valorosi combattimenti infliggendo al nemico gravissime perdite e catturando prigionieri e ingente bottino di guerra. Alla testa dei suoi uomini contribuiva validamente alla liberazione di largo territorio dell'alta Toscana, rifulgendo per tanto eroismo e capacità di comando che gli alleati vollero il suo reparto affiancato alle loro forze di avanguardia, con le quali conquistava arditamente il caposaldo di Monte Belvedere. Durante il combattimento per l'occupazione della piazzaforte di Corona, teneva da solo testa ad un contrattacco nemico nel nobile intento di proteggere il trasporto di feriti. Colpito a morte chiudeva nel bacio della gloria la sua ammirevole vita. Esempio luminoso di eccezionale ardimento e di generoso altruismo.
Corona (Lizzano di Belvedere), 12 dicembre 1944.

Riccardo Boschiero, tenente degli Alpini - partigiano
Convinto assertore di ogni principio di libertà e fiero oppositore di qualsiasi forma di oppressione, impugnava tra i primi le armi contro i nazi-fascisti, rifulgendo per impareggiabile audacia e sereno sprezzo del pericolo. In numerose azioni di sabotaggio ed in vari combattimenti fu valoroso tra i valorosi, facendo risplendere ovunque la nobile fede che lo animava. Durante un poderoso rastrellamento operato da preponderanti forze tedesche, nel sublime ed eroico intento di proteggere la ritirata delle altre formazioni partigiane, volontariamente sostituiva un altro ufficiale partigiano per il comando di un pugno di eroi votati a sicura morte. In più ore di duri combattimenti fu mirabile esempio di calma e di eroismo. Sempre presente ove maggiormente infuriava la lotta, fu epico combattente e meraviglioso animatore. Esaurite tutte le munizioni e sopraffatto, veniva fatto prigioniero. Rifiutava sdegnosamente la deportazione in Germania, affrontando il plotone d'esecuzione con serena fierezza. Cadde sotto il piombo tedesco gridando "Viva l'Italia!". Fulgido esempio di altruismo e di dedizione alla causa della libertà.
Castelmagno (Valgrana), 27 aprile 1944.

Giacomo Chilesotti, sottotenente del Genio di complemento - partigiano - Anima ardente di patriota, ebbe larga schiera di giovani seguaci del suo entusiasmo trascinati nella santa e cruenta lotta della liberazione della patria. Nei Berici e sull'Altopiano di Asiago fu condottiero valoroso e le cinque Brigate partigiane da lui organizzate e da lui fieramente addestrate, rifulsero di indomito valore in nume rose azioni di guerriglia e sabotaggio. Durante le radiose giornate dell'insurrezione si infiltrava arditamente fra le colonne tedesche portando lo scompiglio nelle fila nemiche. Catturato e condannato alla fucilazione, affrontava con eroico stoicismo il plotone di esecuzione e le sue ultime parole furono di incitamento ai compagni a perseverare nella lotta. All'alba sull'agognata vittoria il piombo nemico stroncava la sua eroica esistenza.

Fulgido esempio di coraggio, di mirabile forza d'animo e di combattente".

Sandrigo, 28 aprile 1945

La medaglia d'oro alla benemerenza civica è concessa dall'Amministrazione Comunale di Vicenza alla nostra Sezione, nell'anno 1991.

E' tradizione ormai, e questa simpatica consuetudine è stata seguita, in questi ultimi anni, anche da altri Comuni, che le Amministrazioni Comunali concedano un riconoscimento tangibile ed ufficiale a persone, Enti, Associazioni che si sono particolarmente distinte in una o più attività di capitale importanza ed aiuto alla comunità.

Per il 1991, il Comune di Vicenza ha deciso di privilegiare la nostra Sezione. Senza pretesa di auto elogio, va sottolineato come i nostri alpini hanno organizzato e condotto felicemente a porto una Adunata Nazionale quale non si era mai vista nella nostra città; utile ed apprezzata soprattutto per la ventata di calore umano, di spirito di amicizia, di fratellanza e di solidarietà che hanno fatto tanto bene a tutti i Vicentini.
In occasione poi della visita del Santo Padre (di un avvenimento analogo anche i più anziani non hanno ricordo!) tutti si sono mobilitati per assicurarne la più felice riuscita; e non sono mancati gli alpini della nostra Sezione a dare man forte in taluni importantissimi settori dell'apparato organizzativo.
Addirittura il problema dei primi interventi a favore degli extra-comunitari non si sarebbe risolto così rapidamente e nella giusta maniera se squadre di nostri alpini non si fossero impegnate, oltretutto in condizioni atmosferiche proibitive, a realizzare un mini-villaggio in zona centrale della città.
Infine, le due medaglie al merito civile riguardano interventi della Sezione in occasione del terremoto nel Friuli nel 1976, ed in quello dell'Irpinia del 1980.

BANDIERA DI VICENZA

sabato 7 gennaio 2012
La città di Vicenza è l'unico comune italiano che, al posto di un proprio gonfalone, può fregiarsi della Bandiera Nazionale con, al centro, il simbolo della città.
Questa fu adottata nella seduta del Consiglio Comunale del 5 novembre 1866 per ricordare la battaglia di Monte Berico del 1848. Poche settimane prima infatti il re Vittorio Emanuele II era giunto in città per appuntare al gonfalone cittadino la medaglia d'oro al valor militare, guadagnata con le battaglie del 1848. Patriotticamente la città (annessa da poco al Regno d'Italia) si presentò con il Tricolore (ovviamente nella forma monarchica, con lo stemma sabaudo al centro) come proprio gonfalone. Inizialmente indistinguibile dalla bandiera nazionale, con l'avvento della Repubblica Italiana al posto dello stemma sabaudo al centro, è stato sostituito lo stemma comunale.
Vicenza è anche l'unica città italiana a detenere la propria bandiera decorata delle due Medaglie d'Oro al Valor Militare che sono appuntate alla stessa, alla stregua di una bandiera di guerra.

Medaglia d'Oro al Valor Militare - 1
«Per la strenua difesa fatta dai cittadini contro l'irruente nemico nel maggio e giugno 1848»
— Vicenza, 19 ottobre 1866 -

Medaglia d'Oro al Valor Militare - 2
«Già insignita della massima onorificenza al valore militare per la strenua difesa opposta agli austriaci nel maggio-giugno 1848, la città non smentì mai, nel corso di due guerre mondiali, le sue elevate virtù patriottiche, militari e civili. Nel periodo della lotta di liberazione, occupata dalle truppe tedesche, costituì subito, fra le sue mura, il comitato di resistenza della Regione Veneta che irradiò poi, in tutta la Provincia ed oltre, quella trama di intese e di cospirazioni che furono necessarie premesse di successive e brillanti operazioni militari. Le sue case, i sui colli, le sue valli servirono allora da rifugio ai suoi figli migliori che, da uomini liberi, operarono per la riscossa e che, braccati e decimati da feroci rappresaglie, sempre tornarono ad aggredire il nemico, arrecando ingenti danni alle sue essenziali vie di comunicazioni ed alla sua organizzazione, logistica e di comando. I primi nuclei partigiani e dei G.A.P., operanti in città, e, in seguito, le numerose Brigate delle Divisioni "Vicenza", "Gerami" e "Ortigara", gareggiando in audacia e valore, pagando un largo tributo di sangue alla causa delle Liberazione, mentre gran parte della popolazione subiva minacce, deportazione, torture e morte e centinaia di altri suoi cittadini in divisa combattevano all'estero, per la liberazione di altri paesi d'Europa. Benché devastata dai bombardamenti aerei, che causarono oltre 2000 vittime e che d'altrettante straziarono le carni, mutilata nei suoi insigni monumenti, offesa nei suoi sentimenti più nobili, la città mai si arrese al terrore tedesco, ma tenne sempre alta la fiaccola della fede nel destino di una Patria finalmente redenta (10 settembre 1943 - 28 aprile 1945).»

il torrione

sabato 4 febbraio 2012
Le prime riunioni, tra quelli che sarebbero stati poi i soci fondatori, avvenivano alla Trattoria "Due Spade" in via Cesare Battisti, poi nello studio dell'avv. Gianni Teso (che sarà in seguito il primo Presidente della Sezione) o nel negozio dell'ottico Giovanni Sandrini.
A costituzione avvenuta, un vero e proprio recapito della Sezione è sicuramente, verso la fine del 1937, presso lo studio del rag. Gianni Cavalloni, in via Porti n.10.
Poi l'Ufficio si trasferisce, nel dicembre 1951, in via San Marcello; e nell'agosto 1954 in via Zanella n. 4 (palazzo Tretti).
Si comincia già a quel tempo ad avvertire l'esigenza di locali più idonei e personale d'ufficio.
Questo si verifica finalmente il 2 febbraio 1966, quando la sede può trovare sistemazione al n.13 di Contrà del Monte (Palazzo del Monte di Pietà) in due locali sufficienti alle nuove necessità.
Questa collocazione degli Uffici durerà circa vent'anni e corrisponderà al periodo di maggior crescita della nostra forza numerica.
Tutta l'attività associativa assume nuove proporzioni (il giornale sezionale, la protezione civile, il settore sportivo, ecc.); aumenta in proporzione il numero dei componenti il Consiglio Direttivo e quello dei soci che, per il disbrigo di pratiche varie, frequentano e si fermano in sede.
La necessità e l'urgenza di nuovi spazi si fanno nuovamente pressanti ed inizia la ricerca di altri locali, più ampi e razionali; ricerca faticosa e di dubbio risultato, collegato oltretutto alla necessità anche di disponibilità finanziarie che purtroppo la Sezione non ha.
Occorre trovare una soluzione che sia pure "dignitosa" per una Sezione in continua crescita non solo nel numero degli iscritti, ma anche per l'importanza delle iniziative e dei programmi che svolge e realizza. Occupa il 4° posto tra le Sezioni dell'A.N.A., anche se il confronto non rispecchia la realtà perché nelle province di Bergamo, Trento e Verona la Sezione è una sola, mentre nella provincia di Vicenza le Sezioni sono ben cinque.
Si fà strada l'idea di ristrutturare un qualche fabbricato, meglio se di proprietà comunale, utilizzando la forza di volontariato dei soci e rendendo, nel contempo, un servizio alla comunità. Un primo sopralluogo al Torrione della vecchia cinta muraria, in viale Bartolomeo d'Alviano, ha esito deludente per le condizioni paurose di dissesto nelle quali si trova l'immobile ed il terreno annesso. Appare assurdo e pressoché impossibile por mano ad un siffatto lavoro; e così passano ancora altri mesi in inutili riunioni ed in proposte inconcludenti.
Prevale, ad un certo momento, l'opinione della minoranza che consulta le forze che possono essere messe a disposizione dalle Zone Berici settentrionali e Vicenza-città; e da questo sondaggio è possibile formulare specifica richiesta, al Comune, di affidamento dei lavori.

Il 1° settembre dell'86 sorge così il Cantiere e vengono chiamati a raccolta gli Alpini di tutta la Sezione, che rispondono con la tradizionale generosità e grinta. Passeranno tre anni prima della parola fine, perché non si lavora tutta la settimana e tutti i giorni, d'inverno e d'estate. I volontari hanno le loro occupazioni normali, oltreché la famiglia; ma tutto il tempo libero è riservato e dedicato a questo impegno.



Ha scritto per noi, a suo tempo, la prof. Giovanna Peruffo Dalla Pozza:
Questa torre cilindrica faceva parte della cinquecentesca cortina muraria posta a nord della città, che doveva completare il sistema difensivo di Borgo Pusterla, zona ancora sguarnita e strategicamente debole.
Vicenza soggetta a Venezia fin dal 1404, rivestiva una notevole importanza militare per la sua posizione geografica, dato che gli eserciti imperiali potenziali nemici della Repubblica Serenissima da quando essa si era trasformata in potenza di terraferma, giungevano dai territori tedeschi, lungo la Valsugana.
Nel 1508-1509, Venezia e le città da essa governate, avevano conosciuto un periodo politicamente e militarmente pericolosissimo a causa della Lega di Cambrai, voluta da Papa Giulio II alleatosi con il re Luigi XII di Francia, Ferdinando il Cattolico re di Spagna e Massimiliano dAsburgo imperatore di Germania. Ognuna di queste potenze desiderava bloccare l'espansionismo veneziano, riconquistare i territori perduti, cogliere l'occasione per imporre il proprio predominio in Italia.
Gravemente sconfitta ad Agnadello dai Francesi nel 1509, Venezia restituì tutti i territori contesi, riuscendo però ad essere vittoriosa in Cadore e in Friuli contro Massimiliano, per l'abilità militare di Bartolomeo d'Alviano, condottiero mercenario, divenuto capitano supremo dell'esercito veneziano.
Ancora nel 1435 il doge Francesco Foscari, dopo una guerra contro i Visconti di Milano, aveva fatto erigere una "porta fortissima de muro" ál termine della strada del Borgo Pusterla che giungeva fino al convento di S. Bartolomeo (odierno Ospedale Civile), per difendere l'abitato posto fuori dalle mura medievali. La porta era dotata di torre (ora decapitata) e di ponte levatoio e con ogni probabilità, un terrapieno ed un fossato la collegavano, già in quest'epoca, alla porta di S. Lucia e a quella di S. Croce, erette dagli Scaligeri signori di Verona e dominatori di Vicenza dal 1311 al 1387.
Nel l507-1508 Bartolomeo d'Alviano, vista la delicata congiuntura politica, riprese un antico progetto per il completamento e l'adeguamento delle mura di Vicenza, tenuto conto che una fascia rettilinea di circa novecento metri restava completamente indifesa nella zona a nord, tra S. Bortolo e S. Croce e che l'uso generalizzato della polvere da sparo e di artiglierie semimobili che sparavano palle di ferro e non più di pietra, aveva moltiplicato la forza distruttiva degli eserciti. Il progetto attuato solo in parte nei tre decenni successivi, probabilmente dall'architetto militare Basilio della Scola, era piuttosto ardito, perché prevedeva l'inglobamento di una più ampia zona a nord-est da Borgo Casale a S. Lucia fino a Villa Trissino a Cricoli, per agganciarsi con porta S. Bortolo e Porta S. Croce e a sud Monte Berico e la fascia collinare posta ai suoi piedi. Infatti l'uso dell'artiglieria imponeva di creare vaste zone cuscinetto tra le mura e il cuore della città, cosi da neutralizzarne l'effetto dirompente, data la limitata gittata dei cannoni.
Dei Rovinosi sbancamenti di terreno e delle fondazioni delle mura iniziate dal d'Alviano nella zona ad est, non rimane traccia che nei toponimi di alcune vie di Vicenza, contrà Forti di Porta Padova, Forti di Borgo S. Lucia (ora via Raffaele Pasi), Forti di S. Francesco.
Gli unici ad essere costruiti e utilizzati furono cinque torrioncini cilindrici posti tra S. Bortolo e S. Croce, e collegati da mura rafforzate da un terrapieno e da un fossato. Di essi solo due sono stati conservati, quello posto a difesa della riva sinistra del Bacchiglione in posizione opposta ed allineata con la porta di S. Croce e quello più vicino alla porta di S. Bortolo, dato che già agli inizi del Settecento, le piante di Vicenza mostrano che non esistono più.
La fascia di terreno in origine occupata dal fossato e dal terrapieno fu interrata e, per fasi successive di allargamento, costituì la via di circonvallazione già esistente all'esterno delle mura, allora in aperta campagna, e che nel 1911 prese il nome di via Bartolomeo d'Alviano.
Continua così questa affascinante storia, alla quale comincia ad essere partecipe anche la popolazione, informata di volta in volta, attraverso la stampa locale, sul proseguimento dei lavori.
I più vicini, nella zona, ogni tanto mettono il naso dentro al recinto, hanno parole di plauso e di incoraggiamento. Qualche bottegaio fornisce, in continuazione cioè per tre anni, il pane ed il caffè a sostentamento delle squadre impegnate.
A lavori ultimati, il posto è irriconoscibile. Un grande spiazzo, tenuto a verde, illuminato durante la notte, mette in risalto questo magnifico torrione cinquecentesco, vanto ed orgoglio della città.



Circa 12.000 ore di volontariato hanno consentito il ripristino di questo antico manufatto, nel quale è stato possibile ricavare quattro stanze sovrapposte nel torrione vero e proprio, e due, pure sovrapposte, nella casetta adiacente; più un locale a vetri, verso mezzogiorno, capace di una trentina di persone, per le riunioni di gruppo.
In occasione della solenne cerimonia di inaugurazione, presenti il sindaco Antonio Corazzin e S.E. il vescovo Mons. Nonis, è stata posta una iscrizione, in formelle d'epoca, che recita:
RILEVANTE TESTIMONIANZA
DELLE ANTICHE DIFESE DELLA CITTÀ
RESTITUITA ALL'ORIGINARIO ASPETTO
AD OPERA DEGLI ALPINI
DELLA SEZIONE DI VICENZA
CON LA DISPONIBILITÀ
DELLA CIVICA AMMINISTRAZIONE
15 OTTOBRE 1989
Chi transita per il viale Bartolomeo d'Alviano, a differenza del passato, vede ora, oltreché una vestigia del passato, anche un'oasi di verde e di tranquillità, dove sventola perennemente il tricolore. Non è una vanteria o prova di esibizionismo; ma solo perché siamo convinti che faccia bene a tutti pensare e vedere che la nostra bandiera non va mai ammainata!

LABARO NAZIONALE

sabato 7 gennaio 2012
Sul Labaro, simbolo dell'Associazione, che sfila in testa al corteo, sono appuntate 214 Medaglie d'Oro così suddivise:
• 207 Medaglie d'Oro al V.M. di cui 16 a reparti e 191 individuali, conferite ad alpini inquadrati nei reparti alpini;
• 4 al Valor Civile;
• 1 al Merito Civile;
• 1 medaglia d'Oro C.R.I. (2003);
• 1 Benemerenza di 1ª classe della Protezione civile (2010).
Esiste inoltre il medagliere dell'Associazione (che non sfila all'adunata) che si fregia di 115 Medaglie d'Oro al V.M. conferite ad alpini non inquadrati in reparti alpini.
All'A.N.A. sono state conferite anche una medaglia d'Argento al Merito Civile per quanto fatto in Italia e all'estero dall'ospedale da campo e una di Bronzo al Merito Civile per gli interventi della nostra Protezione civile in Armenia e in Valtellina sconvolta da una alluvione.

4 Novembre

venerdì 2 novembre 2012


Giorno dell'Unità nazionale e Giornata delle Forze Armate


Dal sito www.wikipedia.org


Il 4 novembre è stata l'unica festa nazionale che, istituita nel 1919, abbia attraversato le età dell'Italia liberale, fascista e repubblicana. Fino al 1977 è stata un giorno festivo a tutti gli effetti. Da quell'anno in poi, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi, è stata resa "festa mobile" che cadeva nella prima domenica di novembre. Nel corso degli anni '80 e '90 la sua importanza nel novero delle festività nazionali è andata declinando, ma recentemente (in corrispondenza con la Presidenza della Repubblica di Carlo Azeglio Ciampi) è tornata a celebrazioni ampie e diffuse.

In occasione del 4 novembre e dei giorni immediatamente precedenti le più alte cariche dello Stato rendono omaggio al Milite Ignoto, la cui salma riposa presso l'Altare della Patria a Roma, e si recano in visita al Sacrario di Redipuglia dove sono custodite le salme di 100.000 caduti nella guerra del '15-'18, nonché a Vittorio Veneto, la località in cui si svolse l'ultimo confronto militare della Grande Guerra fra Esercito italiano ed esercito austro-ungarico. Le celebrazioni più importanti si tengono a Trento, Trieste e Roma. In occasione della giornata delle Forze Armate, inoltre, è prassi che il Capo dello Stato e il Ministro della Difesa inviino all'esercito un messaggio di auguri e di riconoscenza a nome del Paese.

Durante l'età repubblicana, durante la festa delle Forze Armate è stata pratica diffusa quella di aprire al pubblico le caserme per favorire l'incontro fra militari e civili. Spesso venivano organizzate esposizioni di armamenti e mostre riguardanti in particolare la prima guerra mondiale all'interno delle caserme. Usuali erano anche, specie negli anni '50 e '60, le dimostrazioni sportive e le esercitazioni dimostrative dei soldati. Nelle principali città italiane inoltre si tenevano concerti in piazza delle bande militari. I Ministeri della Difesa e dell'Istruzione collaboravano affinché bambini e ragazzi prendessero parte alle celebrazioni di fronte ai locali Monumenti ai Caduti. In alcuni anni furono anche promosse iniziative come il libero accesso a cinema e mezzi pubblici per gli appartenenti alle Forze Armate, e la possibilità per le famiglie di ospitare a pranzo un giovane di leva.

La festa delle Forze Armate è andata incontro a contestazioni nella stagione dei "movimenti giovanili" di varia matrice. Specialmente nella seconda metà degli anni '60 e nella prima metà degli anni '70, in occasione del 4 novembre il movimento radicale, gruppi dell'estrema sinistra e gruppi appartenenti al "cattolicesimo dissidente" hanno dato vita a contestazioni per chiedere il riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza o per attaccare in generale l'istituzione militare. Spesso la contestazione veniva portata avanti attraverso la distribuzione di volantini o l'affissione di manifesti polemici nei confronti delle Forze Armate. Non di rado i contestatori venivano perseguiti per l'offesa all'onore e al prestigio delle Forze Armate e per istigazione dei militari alla disobbedienza. Data la diversa estrazione ideologica di ciascun gruppo di contestatori, comunque, non è possibile generalizzare sui moventi e sugli scopi di queste contestazioni. A grandi linee, i gruppi del cattolicesimo dissidente (i cd catto-comunisti) insistevano sul pacifismo e sulla condanna della guerra, ritenendo fuori luogo una "celebrazione" dell'esercito e della vittoria del 1918 e invitando piuttosto a considerare il 4 novembre un "giorno di lutto". Il partito radicale era mosso dall'antimilitarismo e sosteneva con convinzione la battaglia per l'abolizione dell'obbligo di leva. I gruppi dell'estrema sinistra extraparlamentare invece non rifiutavano l'utilizzo della forza e delle armi ma sostenevano che nell'Esercito italiano gli alti gradi fossero ricoperti da personalità con idee di destra o di estrema destra e che, di conseguenza, nelle caserme esistessero discriminazioni nei confronti di chi aveva convinzioni politiche diverse.

Al di là di questi gruppi di contestazione, comunque, la giornata delle Forze Armate ha goduto di favore popolare e i rapporti prefettizi degli anni '50 e '60 riferiscono spesso di celebrazioni molto partecipate in tutti i centri d'Italia. Un declino dell'interesse nei confronti della ricorrenza si è avuto, come si accennava prima, con la derubricazione del 4 novembre a "festa mobile" a partire dal 1977.

Recentemente, sotto l'impulso di una rinnovata attenzione ai simboli e alle festività nazionali promossa dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (1999-2006) la giornata delle Forze Armate è tornata a celebrazioni più estese e partecipate.

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